Provincia di Caserta, giorni nostri. La vita di Carmine e quella di Salvatore si sfiorano in un fatale, drammatico destino. Carmine, ’o Schiattamuort’, gestisce quattro campi da calcetto e non ha più niente da chiedere alla vita perché è vedovo e consuma il suo tempo nel dolore per la perdita del figlio adolescente. Il suo rituale della memoria consiste nel leggere e rileggere un dattiloscritto e nel tener pulito un tratto della tangenziale Aversa-Napoli dalle carcasse degli animali che ogni giorno vi trovano la morte. Lì c’è una lapide in memoria di suo figlio, morto azzannato da un pit bull. Ed è sempre un pit bull a dare origine ai guai di Salvatore, che in verità si chiama Slator perché è albanese e in Italia vive da clandestino. Un giorno, accidentalmente, il suo mansueto pit bull attacca il figlio del macellaio del paese, la cui vendetta seguirà i complessi codici del territorio.
Degli animali, dell’istinto, dell’amore, dell’ineluttabilità del rito, parla Piccirillo nel suo bestiario non addomesticato.