Roberto Fagiolo
Ferro, fuoco e ombre. Il caso Ludwig
Roberto Fagiolo
Ferro, fuoco e ombre. Il caso Ludwig
208 pagine
Prima edizione luglio 2024
ISBN: 9791255480662
Il caso Ludwig non è chiuso. Sulla tragica serie di omicidi e stragi commessi dall’organizzazione neonazista tra la fine degli anni Settanta e i primi anni Ottanta, si affacciano nuove testimonianze che fanno emergere un quadro più complesso e preoccupante. Non erano solo Wolfgang Abel e Marco Furlan, condannati in via definitiva, ad ammazzare nel modo più orribile e spietato nomadi, prostitute, preti, oltre che a incendiare cinema e discoteche. Per questo c’è bisogno di raccontare dall’inizio questa incredibile storia nera. Specie alla luce delle indagini connesse all’ultimo troncone sulla strage di Brescia, che aprono nuovi scenari sull’esistenza di una organizzazione di neofascisti sull’asse Verona-Bologna.
€8,99 – €17,00
È alla fine di novembre del 1980, l’annus horribilis del terrorismo in Italia, che alla redazione di Mestre del Gazzettino giunge una busta spedita qualche giorno prima da Bologna. Contiene una strana paginetta, zeppa di aquile, svastiche e caratteri runici, firmata da una fantomatica organizzazione che rivendica tre omicidi, commessi tra il 1977 e il 1979 a Verona, Padova e Venezia. Undici righe, chiuse dal motto nazista Gott mit uns, segnano l’irrompere sulla scena del gruppo Ludwig, che imperversa per sette anni con omicidi e stragi prima di essere smascherato, letteralmente, durante una festa di carnevale.
Indagini, istruttorie e processi hanno accertato fatti e disposto condanne che hanno retto fino all’ultimo grado di giudizio. Ma l’impianto giudiziario, totalmente proiettato sui due responsabili presi in flagrante, sembra aver lasciato in secondo piano figure e contesti, nemmeno sfiorati dall’inchiesta, e che oggi, tornati alla luce, potrebbero offrire un punto di vista diverso, per leggere più in profondità una delle vicende più complesse e sanguinarie della cronaca italiana. Forse si sbagliò a considerare quegli omicidi – secondo il giudice Guido Salvini – solo come l’espressione del delirio neonazista di due sbandati.