• Marina Garcés

    Scuola di apprendisti

    pp. 224 Prima edizione febbraio 2022

    In copertina: © Ron Hammond
    Traduzione di Stefano Puddu Crespellani

    ISBN:


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    L’istruzione è il substrato della convivenza, il laboratorio in cui si sperimentano le forme di vita possibili. È per questo che il capitalismo cognitivo si è assunto il compito di assaltarne tutti gli ambiti: l’educazione formale e quella informale, le risorse, gli strumenti, le metodologie. Educare non è solo un grande affare, è un campo di battaglia in cui la società distribuisce, in modo disuguale, i propri futuri.
    Dicono i pedagogisti che bisogna cambiare tutto, perché il mondo è cambiato per sempre. Questa affermazione nasconde le domande che ci fanno più paura: a cosa serve sapere se non sappiamo come vivere? Perché apprendere se non possiamo immaginare come sarà il futuro? Non avere risposte ci fa provare vergogna, ed è sempre più facile sparare contro i maestri e gli educatori. Ma la domanda che una società che vuole guardarsi in faccia deve avere il coraggio di condividere è un’altra: come vogliamo essere educati? È un interrogativo che ci riguarda tutti. Perché tutti siamo apprendisti nel laboratorio in cui si sperimentano le forme di vita possibili.
    Educare non è applicare un programma. Educare è accogliere l’esistenza, elaborare la coscienza e contestare il futuro. Dentro e fuori dalle scuole, l’educazione deve essere l’invito ad assumersi il rischio di imparare insieme, contro le servitù del nostro tempo.

     

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  • Marina Garcés

    Marina Garcés (Barcellona, 1973) è docente di Filosofia contemporanea all’Universitat Oberta de Catalunya a Barcellona. Ha insegnato anche all'Università di Saragozza e partecipa a diversi progetti collettivi di sperimentazione pedagogica, culturale e sociale. Autrice apprezzata di numerosi saggi e promotrice del collettivo di riflessione critica Espai en Blanc, è considerata una delle voci più interessanti della nuova generazione di filosofi spagnoli.