Calafiore è un archivista bancario quarantanovenne. Obeso dai tempi dell’università e insoddisfatto del suo lavoro, trascorre l’esistenza accettando passivamente gli eventi finché un giorno, da vittima predestinata, perde tutto: la sua compagna, la figlia, la casa, il lavoro. Quello che dava un senso alla sua vita. E così si abbandona ossessivamente a ciò che gli rimane, un’incontenibile fame. La sua, poi, non è neanche fame: è un atroce desiderio di sapore, manifestazione primaria della sua totale incapacità di saziare altri vuoti, ben diversi da quelli gastrici.
‘Mangia per non essere mangiato’ dunque, un mantra condiviso anche da Marta e Federico, fidanzati poco più che ventenni, diventati cannibali quasi per caso e, da quel momento, socialmente impegnati a scalare la piramide alimentare per rovesciarne il sistema di potere. L’ambizioso progetto però è destinato a vacillare quando Calafiore, rapito dai due ragazzi, decide coraggiosamente di raccontare la sua storia appena prima che questi comincino a banchettare con il suo adipe.
In una sequela di episodi esilaranti e di patetici tentativi di dimagrire, il tragico si fonde con il comico, il pulp fa la sua parte, e tutto l’insieme invita a riflettere sul nostro difficile rapporto con il cibo in una parodia più che verosimile del gigantesco ingranaggio finanziario che trasforma, a loro volta, i consumatori in un enorme pasto.
Gaetano –
Un libro davvero bello, sarcastico e paradossale. L’ho apprezzato dall’inizio alla fine, la scrittura tiene incollati alle pagine.
Il Recensore Ignorante –
Libro sarcastico, satirico direi, che fotografa e ironizza bene il nostro presente. Lettura rapida, ma non superficiale.
piero –
La storia ti chiama dentro con un’ironia tagliente e originale, la scrittura ti attacca alla pagina finché non finisce. Davvero un’ottima lettura.
Marco –
” Se mangia, glassa. Se no mangia, no glassa”.
Basterebbe questa citazione per far capire il registro, o i registri, di Calafiore di Arturo Belluardo. Un concentrato di satira che rimanda alla comicità di qualità degli anni ’90, ma proiettata ai giorni nostri. La vicenda può sembrare quella di un povero uomo obeso e incapace, che cerca di dimagrire nonostante la sua ossessione, ma è molto di più. Si parla dell’aspetto dell’uomo, dei limiti imposti dalla società, ma sopratutto di cibo e di come la “fame” rischia purtroppo di mangiarci tutti. Un romanzo che va letto assolutamente.
Alex di Nepi Finzi –
In sapiente bilico tra pulp, narrativa e lirismo, l’ultimo libro di Arturo Belluardo colpisce per il perfetto controllo della lingua, dai dialoghi dei cannibali alle struggenti descrizioni delle scogliere […] e per la profondità che si cela dietro una storia apparentemente banale quale quella di un moderno Fantozzi sovrappreso che, per amore, le tenta tutte pur di perdere peso. Una lettura intelliggente e originale in un mare di romanzi (di cui faremo volentieri a meno) fatti con lo stampino. Consigliatissimo!
Fiammetta –
Bellissimo romanzo che alterna un ventaglio di registri amplissimo, sia nello stile sia nei contenuti. Consigliatissimo.
Cristina –
questo libro mi ha decisamente sorpresa è conquistata, Arturo Belluardo si dimostra maestro della sinestesia, grazie alle sue parole riusciamo a sentire gli odori e i sapori, tutto diventa incredibilmente tangibile. Nel libro, infatti, si nota un’interessante ricerca stilistica che cresce e si evolve più andiamo avanti con la lettura e ci cattura con descrizioni crude, a volte addirittura nauseanti, ma che non scadono mai nello splatter, riesce a disgustarci con eleganza (pazzesco vero?).
Insomma, “Calafiore” è una storia a tratti grottesca, con un finale inaspettato che ci lascia interdetti. Il romanzo, infatti, nascosto sotto strati di ironia e orrore è una potente denuncia sociale.
Daniela Alparone –
Arturo Belluardo si conferma uno scrittore di rara e raffinata bravura, sorprende per lo stile narrativo. Con un linguaggio grottesco e ironico racconta le difficoltà e i disagi del protagonista, Calafiore, che è costretto ad affrontare i seri problemi legati alla sua enorme mole: le innumerevoli diete, gli incontri con patetici truffatori e maghi del dimagrimento.
Belluardo riesce però a cambiare registro, la sua penna diventa come un bisturi che affonda nella carne viva e nella cancrena della nostra società, ed ecco che il cibo è un problema sociale. Mangi per non essere mangiato e addenti e fagociti per non essere divorato, allora tutto assume contorni paradossali ma forse non così tanto.
Se consiglio di leggere Calafiore? Assolutamente si, finalmente sugli scaffali delle Librerie si trova un gran bel romanzo!
Antonella –
«Perché non riesco a saziare la mia fame. E non so neanche io se si può chiamarla fame. Io mangio sempre. Ogni cosa che vedo, ogni sentimento che provo mi fa scatenare quella salivazione acida in bocca,mi apre un chiodo nella nuca, e devo infilarmi qualcosa dentro.»
Cibo come emozioni, mancanza, perdita. Cibo come memoria e ricordi. Come chiave di comprensione della vita. Cibo come vuoti esistenziali da riempire. È un libro che parla di ossessioni e di violenza psicologica.
L’autore offre vari spunti di riflessione sulla società in cui viviamo e denuncia, attraverso le disavventure di un moderno rag. Fantozzi (il Calafiore ciccione e sfigato, ironico e sensibile, patologico e malinconico, pronto sempre a dire sì a tutti gli altri personaggi che gli fanno da “contorno”), un modus vivendi e operandi che ci annienta, che ci rende schiavi in-consapevoli.
Il risvolto psicologico raggiunge l’apice nella coppia dei due ragazzi cannibali: novelli e spaesati “Natural Born Killers”, la cui pulsione a “mangiare l’altro” rimanda all’inglobare per possedere.
Un gioco al massacro, abilmente descritto con un linguaggio da cinema splatter: spinto, cruento, disgustoso.
Il finale mi porta alla mente quello di un altro libro, che ho amato molto, ossia “Il profumo” di Patrick Süskind.
“Nonostante lo stomaco fosse pesante, il cuore era straordinariamente leggero. Nelle loro anime tenebrose si agitava d’un tratto un’ombra di gaiezza. […] Erano straordinariamente fieri. Per la prima volta avevano compito un gesto d’amore.”
Il nostro eroe riesce a “salvarsi” perché l’unica cosa che sa fare è… mangiare. Per cui, bon appétit con Arturo Belluardo e il suo Calafiore.
Marco Cantoni –
Mangiare per non essere mangiati.
Una filosofia di vita, una regola sociale, l’estensione della legge della giungla.
Calafiore ha quasi cinquant’anni, un lavoro che odia e una famiglia che sta lentamente perdendo. Sfoga le sue frustrazioni mangiando. Mangiare per lui è tutto, l’unica cosa che da senso alla sua vita.
Tra velleitari tentativi di dieta e surreali episodi di mobbing in ufficio, il lettore segue il lento declino del protagonista; che racconta la sua storia ad una giovane coppia di cannibali che hanno rapito Calafiore seguendo un folle piano.
Sono proprio Marta e Federico, i ventenni cannibali, la sorpresa più bella di questo romanzo. Due personaggi incredibilmente caratterizzati e che riequilibrano un romanzo che avrebbe rischiato di risultare egoriferito. La coppia, mossa da folli intenzioni, avrà nel libro un’importanza fondamentale ed è attraverso i due che l’autore lancia le stoccate più forti alla società attuale. A cominciare dal motivo che li ha portati a lo cannibalismo, che non vi svelo ma che porta con se un forte simbolismo.
Il romanzo di Arturo Belluardo è un UFO all’interno della narrativa italiana contemporanea. Una commedia grottesca tempestata di riferimenti alla cultura nerd, come il parallelismo tra il protagonista e Galactus (il divoratore di pianeti villain dei Fantastici Quattro). Una prosa ironica e fresca. E la capacità di creare personaggi credibili e drammaticamente fallibili. Le situazioni in cui cala i suoi personaggi sono spesso surreali ed esagerate, ma mai fino a se stesse.
Una felice scoperta e uno dei libri più inconsueti del panorama italiano. Ennesima dimostrazione dell’ecclettismo della nostra narrativa.