Per Margherita tutto cambia quando il fratello minore esce di casa e non torna più: la madre scivola nell’apatia e il padre sembra stringere un legame ancora più forte con Domenico, un collega di scuola. Margherita però non si arrende e, mentre si costruisce una vita adulta e indipendente coltivando amicizie e ideali, trova il modo di restare vicina alla madre. E da questa ruvida vicinanza inizia un viaggio a ritroso, fisico e sentimentale, alla ricerca del tempo in cui la famiglia era felice – e di ciò che ha infranto la felicità.
Qui l’ombra di Domenico si fa più ingombrante: perché quest’uomo abbandonato dal padre, fuggito dai luoghi asfissianti in cui aveva combattuto da partigiano, sembra seguire Margherita da anni? E che cos’è Bordo, il villaggio a ispirazione buddista sulle montagne della Valle Antrona, dove Domenico si rifugiava? È lì che è fuggito anche Giulio?
Perdere, e perdersi, eppure crescere, da soli e insieme: questa è la storia che Carolina Crespi racconta con una lingua di grande eleganza, delicata ma al tempo stesso crudele. Una storia dove crescere significa trovare il coraggio di guardare in faccia il passato, rivoltarlo per poter liberare il futuro.
Ivo Stelluti –
I luoghi di questo libro mi sono molto familiari, forse troppo, tanto da riuscire a farmi scuotere l’anima. È l’effetto che si genera quando in un romanzo ti riconosci, trovi inattesi frammenti di te stesso. Distinguo in maniera limpida le vie di Busto, le pietre di Alagna, l’acqua del Toce. Ricordo persino come fosse ieri le lampade di carta della “Casa” di Via Leopardi. Eppure, se non li avessi conosciuti dal vivo, questi particolari mi sarebbero comunque apparsi così, netti e vividi perché la scrittura di Carolina è talmente efficace che nulla dovrebbe essere aggiunto o tolto. L’autrice ci accompagna in una vicenda complessa, sfaccettata, come multiforme è in realtà ogni esistenza, dove si intrecciano rapporti famigliari, legami presenti e passati, elementi della Storia Resistenza. Gli eventi però scorrono sapientemente scanditi nel tempo perché l’autrice sa bene dove ti vuole portare.
La narrazione si addentra con grande delicatezza nell’intimo dei protagonisti ma al tempo stesso molti dettagli appaiono crudi, soprattutto quando la vita non risparmia situazioni senza apparenti vie di fuga. Negli atteggiamenti o nei pensieri dei personaggi a volte persino ci si riconosce o si rivedono i modi singolari di qualche amico o parente. Un altro dettaglio distintivo della scrittura di qualità.
“Quei non detti di fratellanza che nessuno conosce” oppure “c’è chi se ne va pieno d’amore e senza sapere dove metterlo” sono frasi che fanno trasparire una grande esperienza nell’analisi dei rapporti umani.
È un romanzo che mi verrebbe da definire secco, forse a tratti caustico ma appassionante, raro, commovente e forse più credibile di quel che si immagina.
Ivo