Percival Everett
La cura dell’acqua
Percival Everett
La cura dell’acqua
200 pagine
Prima edizione marzo 2008
Traduzione dall'inglese di Marco Rossari
ISBN: 9788888389899
La vendetta come risposta alla violenza. La tortura come metodo e soluzione. Il sogno americano fatto a pezzi. Un romanzo ricorsivo, nevrotico, grondante sangue e dolore. Una delle più sofferte e introspettive proteste dei nostri tempi.
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Ishmael Kidder è stordito dalla sofferenza: hanno ammazzato la figlia di appena undici anni dopo averla violentata. Incapace di sopportare il dolore, rapisce e segrega nella sua cantina il maggiore indiziato, e inizia a torturarlo. La ‘cura dell’acqua’ è la più atroce delle sevizie a cui lo sottopone: dopo essere stato immobilizzato, Ronnie o W, la vittima, viene incappucciato e gli viene fatta colare acqua sul viso, in modo che abbia costantemente la sensazione di morire annegato.
Forma e contenuto sono inscindibili, come azione e destino: il libro è strutturato come un bloc-notes fitto di riflessioni su linguistica, morale, amore, paternità, morte, vita. Tra dialoghi immaginari di grandi filosofi, giochi di parole, limerick, citazioni occulte da Carroll, allusive illustrazioni bambinesche, virtuosi pastiche linguistici alla Joyce e una scrittura che stritola il lettore e non gli concede nemmeno un attimo di pausa, Everett, esasperando la nevrosi del protagonista, che diventa torturatore, gelido carnefice, mette a nudo l’insopportabile futilità del nascondersi dietro i segni.
Il romanzo è, attraverso metafore e similitudini con diversi livelli di lettura, un esplicito atto d’accusa nei confronti dell’amministrazione Bush. Pure il sogno americano viene fatto a pezzi. Non c’è futuro quando il presente scortica il vuoto dell’anima; nessuna tortura, infatti, appaga e lascia indenne il torturatore, e la riflessione universale che anima la narrazione si innesta nel filone del rapporto vittima-carnefice su cui si sono cimentati scrittori del calibro di Dürrenmatt e Kafka.
Un romanzo ricorsivo, nevrotico, spaventato, disincantato, grondante sangue e dolore – l’autoesautorazione –, una delle più sofferte e introspettive proteste della nostra generazione.